[RECENSIONE] IL PADRONE - SIMONA FEDERICO - LEONE EDITORE


Buon pomeriggio Sognalettori, oggi vi parlo de "Il padrone" di Simona Federico, uscito il 31 Ottobre per la Leone Editore.
Simona Federico ci racconta la sua Napoli, dove è  nata e dove vive con il marito e i due figli, e lo fa attraverso la voce di Anna, che ricostruisce la sua vita in un lunga lettera indirizzata alla figlia Elisa.

IL ROMANZO

Genere: Narrativa
Data di uscita: 31 Ottobre 2018
Prezzo cartaceo: 12,90€
Prezzo ebook: -


Anna, vedova ultraottantenne, è in un letto d’ospedale in condizioni gravi. Sua figlia Elisa, avvocato, torna nella casa di famiglia dopo settimane di assenza. È tormentata dal senso di colpa per non aver saputo decifrare il male di cui soffre la madre da anni e che l’ha portata a chiudersi in un isolamento doloroso. In una lunga lettera, riposta tra foto sbiadite e ricordi di famiglia, scritta prima che le sue condizioni si aggravassero, Anna racconta a Elisa la sua vita, che ha inizio nella Napoli dei primi del Novecento e attraversa ottant'anni di storia della città, dall'epoca fascista agli anni della ricostruzione, fino ai nostri giorni.
La costante dei miei sogni è la casa in cui sono cresciuta. Quale che sia l’oggetto del sogno, il luogo che ne rappresenta lo sfondo e in cui si configura la scena è ossessivamente quella casa, i suoi odori, la sua luce e le sue ombre. Sembra che una parte del mio io mi spinga a ripercorrere un percorso, una sorta di viaggio a ritroso della coscienza, che permetta ai ricordi di riemergere e riallacciare le fila di un’esistenza, che pare aver smarrito il proprio baricentro.
I ricordi, sono quelli che tormentano Elisa, e proprio adesso che Anna, sua madre, si sta spegnendo, la travolgono tutti insieme con una potenza tale da farle mettere tutto in discussione.
Il rapporto con sua madre, la sua freddezza nel giorno più brutto della vita di Elisa, quando distrutta dal dolore ha dovuto salutare suo padre Carlo per sempre, acquistano un significato diverso e più comprensibile ai suoi occhi.
Occhi che non hanno visto, orecchie che non hanno sentito perché protette da una madre che ha amato i suoi figli più della sua stessa vita e che proprio per questo ha in tutti i modi, cercato di tenerli lontani da tutte le brutture della vita.
Quella stessa vita che adesso Anna, decide di raccontare attraverso una lunga e struggente lettera indirizzata a Elisa; una sorta di diario, per far comprendere a quella figlia ostinata  e rancorosa il perché dei suoi atteggiamenti.
«Le risposte che cerchi sono trai i miei ricordi» mi dicesti esausta quell'ultima sera, mentre accomodata nella sedia a dondolo volgevi gli occhi spenti alla tv. Continuo a rovistare mentre un senso di rimorso mi pervade nel ricordarmi intollerante, ostinata, incapace di ascoltare e accettare una verità che scardinasse tutte le certezze costruite con tenacia negli anni.
Un racconto lungo ottant'anni, che parte da lontano per arrivare ai giorni nostri, che attraversa gli anni dell’epoca fascista, della ricostruzione, le disgrazie, le gioie, le nascite e le morti che hanno segnato la vita di Anna e che l’hanno resa la donna che Elisa ha conosciuto.
Anna in quelle pagine racconta tutto, l’intera odissea della sua famiglia, colpita da innumerevoli disgrazie; la morte di quasi tutti i fratelli maschi, le malattie che le hanno portato via pezzi importanti di cuore, i sacrifici che fin da bambina ha dovuto affrontare, per sostenere, insieme a quel che rimaneva della sua famiglia, il peso di una vita ingiusta e crudele.
E poi la guerra, piombata addosso alla sua Napoli come un fulmine a ciel sereno, le ristrettezze economiche degli anni della ricostruzione, gli amori, che sembravano portare aria di liberazione e che invece l’hanno imprigionata in una vita infelice e solitaria ma soprattutto, Anna racconta il suo rapporto tormentato e distaccato con la propria madre, Lucia, cui la vita sembra aver donato solo miseria e dolore.
Ottant'anni di vita, che in un modo o nell'altro sembrano accomunare le donne di questa famiglia, perché di generazione in generazione, la storia sembra ripetersi; gli errori, le parole non dette, l’affetto non dato, l’amore non palesato sembra fare lo stesso percorso, di madre in figlia e così via.

Uno spaccato di vita crudo e schietto, che fa riflettere su quanto gli errori dei genitori possano ricadere sui figli e su come, anche senza volerlo, la vita ci porti a ripercorre le orme di chi ci ha preceduto.
Simona Federico ha scritto un gran bel romanzo, coinvolgente, appassionate e con uno stile semplice e molto scorrevole; è un romanzo malinconico, pacato, che parla quasi sottovoce alla mente del lettore, un libro carico di storia della nostra Italia, che trasmette al lettore il senso dell’importanza delle nostre radici, che sia città o campagna, perché in fondo è la nostra terra che ci cresce, che ci marchia ed è sempre li che torniamo per concludere in pace e serenità i nostri giorni. 
Mi ha un po’ delusa l’epilogo della storia ma forse sono arrivata a comprendere il perché di questo finale quasi aperto; Simona a parer mio, ha voluto lasciare aperto un spiraglio di riflessione, delle pagine bianche, per poter continuare a raccontare, a scrivere quel che sarà il destino delle generazioni future, i ricordi che verranno e gli insegnamenti acquisiti.
Dopo aver concluso la lettura del romanzo, ho riflettuto molto sul significato del titolo, “Il padrone”, ho cercato di capire perché fosse stata scelta questa parola e sono arrivata alla conclusione che Anna non ha mai avuto padroni nella sua vita, la vita stessa lo è stata per lei.
Anna non ha potuto scegliere, le circostanze lo hanno fatto per lei, portandola a chiudere il suo cuore a un isolamento forzato per evitare di soffrire ancora o chissà, forse è stato il destino, che in mezzo a tante disgrazie le ha regalato comunque, una vita piena e lunga, di modo che potesse ricordare e tramandare volti cancellati nella corsa del tempo!
Custodisci queste pagine come un dono. Esse raccontano chi sono, chi siamo stati. Affinché il passato rimanga vivo e con esso chi abbiamo amato.
 

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