INTERVISTA A DOMENICO SCARPA

Ciao ragazzi,
non crederete mai a ciò che sto per raccontarvi!

Il meraviglioso Salone Internazionale del Libro di Torino ha organizzato un nuovo evento proprio nella mia città concedendomi l'onore di partecipare ancora come membro stampa!
Si tratta di un salone a cielo aperto che percorre e orna con libri il lungomare barese… ragazzi, credetemi, roba da BRIVIDI! A questo Lungomare di libri sono stati coinvolti anche svariati editori e librai pugliesi, i quali hanno accolto l’iniziativa con grande entusiasmo; la vera innovazione ha riguardato, però, Trenitalia: tutti i viaggiatori che raggiungevano Bari in treno venivano omaggiati con un libro, al fine di onorare i tre giorni di cultura tra le mura della città.
Il tutto si è svolto da venerdì 30 giugno a domenica 2 luglio, inaugurato dai finalisti del Premio Campiello 2023 (articolo qui).

Grazie al Salone ho avuto modo di incontrare e intervistare un uomo che stimo molto dal punto di vista etico e professionale: Domenico Scarpa.

Focus sull’autore e sull’opera: Scarpa, classe 1965, è il consulente letterario del centro studi “Primo Levi” di Torino. Ha pubblicato Italo Calvino (Mondadori, 1999), Storie avventurose di libri necessari (Gaffi, 2010) e molto altro ancora.

La sua ultima opera è Calvino fa la conchiglia, la costruzione di uno scrittore (Hoepli, 2023); qui racconta in modo dettagliato la storia di Calvino, dei suoi libri e dei suoi impegni intellettuali. Parte dall’infanzia a Sanremo con il padre agronomo e la madre esperta in botanica e narra il suo amore per autori come Cechov, Stendhal e Defoe. Calvino, spiega Scarpa, studiò agraria per compiacere il padre, ma poi si laureò in lettere con una tesi su Conrad e, nel 1947, scrisse il suo primo libro “Il sentiero dei nidi di ragno”.
Si trasferì a Torino, lavorò per Einaudi con Pavese e Vittorini, viaggiò molto, si innamorò, si sposò ed ebbe una figlia, Giovanna.
Calvino ha una concezione della letteratura molto vicina alla scienza: nei suoi libri confluiscono diversi strumenti culturali come la linguistica, l’antropologia, la semiotica, l'astrofisica e la psicoanalisi, per poi incrociare il tutto con eloquenti immagini narrative.

“Nel suo percorso di scrittore Calvino mira a scrivere libri impossibili, non libri estremi. Un libro impossibile crea nuove possibilità, apre nuovi spazi per te e per gli altri. Laddove il libro estremo -se veramente è degno del nome- è quello con cui arrivi a un punto oltre il quale non c’è più nulla, lì o ti rassegni a tornare indietro o ci rimani piantato per sempre oppure muori, nello spirito e magari nel corpo. Ecco perché Calvino ha preferito tentare libri impossibili invece che lanciarsi in quegli estremi”.

Domenico Scarpa


Intervista all’autore:

1. Durezza e mollezza in Calvino: il tema del mollusco bello e rigido se si guarda la conchiglia e molle se lo si guarda all'interno ricorda un po’ il principio di Montale in “Ossi di seppia”. Quali sono le analogie e quali le differenze tra “La spirale” calviniana e l’opera di Montale?

Calvino considera Montale un maestro, una guida filosofica, addirittura lo ritiene “l’unico filosofo che sia riuscito a seguire sistematicamente in gioventù”. In realtà dice “lo leggevo quasi tutto in chiave di memoria locale”, questo significa che il paesaggio è un quadro filosofico: se Italo lo legge in chiave di memoria locale e lui, Montale, è un filosofo, vuol dire che il paesaggio è un insieme di coordinate rispetto alle quali ci si presta al mondo.
Nei tre capitoli intitolati “dall’alto degli anni” si parla del paesaggio sanremese di Calvino e che noi vediamo sempre esplorato dall’alto affacciandosi verso il basso. Ricorda un po’ Leopardi, ma si tratta anche di una riesecuzione di Montale, che ha in “Ossi di seppia” questi scoscendimenti della parola e della poesia: il linguaggio diventa luogo e diventa, soprattutto, filosofia del luogo stesso.


2. Calvino ha scritto libri impossibili: cosa ne pensa delle sue riscritture delle fiabe?

Vorrei sottolineare che quello delle fiabe è il libro più lungo di Calvino: sei, settecento, ottocento pagine non le ha scritte mai per nessun’altra opera!
Dicono che non sia realmente un'invenzione calviniana… ma calma!
Su questo bisognerebbe intendersi: se un autore prende delle storie scritte da qualcun altro e le ripensa, le rielabora e compara la riversione, ne sceglie una e a sua volta ci ricama sopra o, al contrario, la riasciuga e la fa più sintetica… bèh, allora si tratta senza dubbio di un libro d’autore! Se questo è il caso generale, che riguarda tutte le 200 fiabe… dovremmo prenderle una per una e vedere cosa ha fatto esattamente con ciascuna di esse. Questa è una cosa che finora non è mai stata fatta.
Personalmente ho approfondito una sola fiaba, la n.125, “O’ lupe e a’ volpe”, che Calvino riprende da Benedetto Croce e sono venute fuori alcune cose interessanti, perché non solo sono risalito alla matrice - a uno dei pochi scritti che Croce non abbia raccolto in volume, trascuratissimo - sono andato a riprendere questa rivista dell’800, “Il Basile”, dove Benedetto trascriveva le fiabe raccontategli da donne del popolo del Vomero napoletano, ma successivamente ho confrontato questa versione con quelle pugliesi e liguri… e lì ho scoperto ciò che troverete in un capitolo ben preciso del mio libro.


3. “Nei libri estremi o ti rassegni o muori”.
Ci si può rassegnare a un libro impossibile?

Calvino è un personaggio che provoca intellettualmente: quando capisce di non riuscire a scrivere un libro improvvisa e osserva ciò che ne viene fuori. Era un matto che cercava di calcolare le sue mosse facendo finta di disegnare degli schemi, ma in realtà conta solo la linea di guida che egli stesso traccia per uscire dalle sue stesse geometrie perché il libro, già in partenza, è impossibile.
No, non esistevano libri impossibili, ma lui faceva in modo da non farli esistere per sé e da renderli possibili come poteva.


4. Cosa ne pensa del modo delicato e dinamico in cui Calvino parla di fiabe?

…ho sempre pensato che Calvino fosse dinamico, ma l’aggettivo “delicato” mi spiazza del tutto: hai ragione! E’ un po’ come la storia della conchiglia e della polpa: si costruisce la conchiglia anche per la necessità di proteggere qualcosa di più delicato, fragile, segreto. Calvino non aveva il talento del “demologo”, che andava in giro interrogando la gente, non aveva questa empatia immediata, infatti il suo lavoro sulle fiabe è concentrato unicamente su materiale già scritto e non va a riprendere una tradizione orale.
Il modo di trattare queste forme narrative già esistenti da una parte tiene una distanza rispetto all’uso popolare, ma dall'altra è il lavoro di un autore consapevole di star maneggiando qualcosa di caldo, di delicato. Sa di avere a che fare con strati di vite, di persone che hanno dato forma a ciò ed è per questo che poi dice “io credo nelle fiabe, sono vere”: pur avendole lette soltanto nella loro codificazione scritta, si rende conto che contengono la vita di tutti noi, delle storie che ci possono capitare, dei destini a cui possiamo andare incontro, di ciò che guadagniamo, perdiamo, delle fortune e dolori che ci possono toccare.
E’ delicato, hai ragione, e dinamico perché ci sono campi di forza che orientano le nostre scelte e anche ciò che non scegliamo… un sortilegio, ad esempio, mica lo scegliamo noi! E’ quotidiano e, soprattutto, ironico e originale! Per questo ci prende gusto e continua a riscrivere fiabe.
Ha continuato a lavorarci fino alle Lezioni americane: le fiabe lo hanno allontanato da un momento difficile della sua vita perché, appunto, gli era stato chiesto di occuparsene proprio mentre stava cercando di scrivere un grande romanzo da 500 pagine. In realtà ne ha scritte 100 e, quando si è reso conto di non riuscire ad andare oltre, è passato alla stesura delle fiabe e… ha piantato lì il romanzo, senza più riprenderlo: il grande manoscritto da 500 pagine sarà proprio quello delle fiabe!

Come dice Giambattista Vico: “sembravano traversie ed erano opportunità”.
Ebbene sì: le fiabe sono state la sua rivincita.


5. La scienza in Calvino: pensa sia fin troppo tecnico?

Al nostro Italo interessa l’ambito scientifico per mettere delle parole “una dietro l’altra” in maniera sensata, gli interessa per fare letteratura. Calvino vuole arrivare a dire qualcosa che non è stata ancora detta e si fa aiutare da una quantità di discipline; le scienze per lui sono un campo gradevole e sconfinato anche perché viene da una famiglia di scienziati ed era comunque una passione che coltivava in proprio, in particolar modo per parlare del cosmo e unirlo all’ambito letterario. Prende spunto dalla scienza per andare in zone che non può ancora prevedere. Quando scrive Le Cosmicomiche apre libri scientifici, cerca spunti narrativi e su quelli costruisce nuovi mondi dentro e fuori di sé.


Sono davvero felice di aver conosciuto un uomo brillante come Scarpa e, soprattutto, della bellissima chiacchierata, che per me è stata un puro momento di condivisione e confronto: assorbire i suoi saperi e confrontare le mie idee con quelle di uno studioso come lui mi ha aperto nuovi mondi… e mi ha fatto battere il cuore a mille!

Sono certa che il suo “Calvino fa la conchiglia, la costruzione di uno scrittore” sia un ottimo modo per nutrire non solo la propria fame di conoscenza, ma per comprendere meglio cosa ci sia dietro il personaggio di Calvino e… credo che conoscendo meglio questo grande personaggio potrei conoscere il cosmo di cui tanto parla e fondermi con esso. Perché Italo è questo: magia, delicatezza, ironia e… immensità.


Ringrazio Domenico Scarpa per la sua gentile e frizzante disponibilità,il Salone per questo meraviglioso regalo (soprattutto Paola, un abbraccio forte!) e il Diario, che dal 2018 non ha mai smesso di credere in me.

Grazie anche a voi, miei Sognalettori,
ogni mio passo è merito vostro.


Siete Vita.






APPUNTAMENTO ALLA PROSSIMA SETTIMANA CON UN NUOVO OSPITE: SILVIO PERRELLA!


A presto

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