[RECENSIONE] GALATEA - MADELINE MILLER - SONZOGNO


Buongiorno Sognalettori!
Oggi vi parlo di "GALATEA" di Madeline Miller, pubblicato in Italia da Sonzogno.

L’AUTRICE

Madeline Miller è nata a Boston, ha un dottorato in Lettere classiche alla Brown University e ha insegnato è nata a Boston, ha insegnato drammaturgia e adattamento teatrale dei testi antichi a Yale.
Il suo primo romanzo, La canzone di Achille, è stato e continua a essere un successo internazionale, vincitore dell’Orange Prize e tradotto in venticinque lingue. Il secondo, Circe (Sonzogno 2019, Marsilio 2021), è stato raccomandato come “libro dell’anno” da alcune delle principali riviste letterarie americane. Nel 2021, Sonzogno ha pubblicato anche Galatea, una rivisitazione illustrata del mito di Pigmalione.


IL ROMANZO


Titolo: Galatea
Autore: Madeline Miller
Data di uscita: 21 Ottobre 2021
Genere: Narrativa Contemporanea Italiana
Pagine: 72

Dall’autrice dei best-seller La canzone di Achille e Circe, la rivisitazione illustrata del mito di Pigmalione in un racconto raffinato e conturbante. Galatea, la statua che la dea Afrodite ha reso viva in uno slancio di benevolenza verso Pigmalione, il grande scultore greco, è ora una donna a tutti gli effetti: la sua bellezza uguaglia, o probabilmente supera, quella della marmorea opera d’arte del suo creatore. Dopo averla presa in moglie, l’uomo pretende che lei lo ripaghi incarnando altissime virtù di obbedienza e umiltà, assoggettandosi al suo desiderio. Così, per quanto Galatea provi un sottile piacere nell’usare la propria avvenenza per manipolare lo sposo, in lei comincia a farsi strada un sentimento di ribellione. Nell’ossessiva speranza di fermarla, il marito la tiene sotto stretta sorveglianza in una clinica, controllata da dottori e infermiere. Ma quando le nasce la figlia Pafo, in Galatea si desta un vigile istinto materno, pronto a esplodere al primo segno di pericolo. Ormai è troppo tardi per ostacolare la decisione di spezzare le catene della prigionia, costi quel che costi. Da Ovidio a Goethe al noto Pigmalione di George Bernard Shaw, il mito a cui si ispira questo racconto ha sedotto i lettori nei secoli: Madeline Miller ce lo ripresenta con la sua tipica sensibilità, in una chiave che si muove tra tempo antico e contemporaneo, proponendoci un ribaltamento di prospettiva che ci induce a riflettere su come leggiamo e rileggiamo le storie. Il volume è impreziosito dalle illustrazioni di Ambra Garlaschelli che, nell’interpretare la prosa dell’autrice, costruiscono a loro volta un ipertesto potente, iconico, poetico e lucidamente attuale.


Un racconto breve, intenso come pochi, associato ad immagini oniriche e potenti, che rendono questo libro prezioso e dilaniante.
Galatea, caso letterario dell’anno, riesce a interrogarsi sul nostro presente, denunciandone le ingiustizie e i temi che ogni giorno ci indignano, e lo fa attraverso un mito antico, distante quasi duemila anni da noi, eppure così attuale. Un dialogo del passato con il presente e il futuro, una voce femminile che emerge in tutta la sua forza e potenza, senza mai perdere la delicatezza e la bellezza che la caratterizzano, sin da quando altro non era che una statua di marmo perfetto.

Madeline Miller con la sua prosa, che ho amato in Circe, è riuscita a dare una nuova voce alla ninfa rendendola forte, spietata, umana.
Ricordiamo Galatea, di eterea ed eterna bellezza, statua perfetta, amata dal suo creatore Pigmalione così tanto che Afrodite la rese viva, umana.
Il mito di Pigmalione, volendolo riassumere, racconta di come Pigmalione si innamorò perdutamente della scultura muta che creò con le sue mani, a tal punto da sentire il disperato bisogno di chiedere alla dea Afrodite di tramutare in vita la pietra, così che il suo creatore potesse averla in sposa.
Nel racconto invece, è presente un elemento dirompente: la statua fattasi donna, ha voce, ha sentimenti di ribellione. Galatea ama suo marito, il suo creatore che l'ha rinchiusa circondata da infermiere e medici, ma sente di dover fuggire, scappare per tornare da sua figlia Pafo. Sa di essere un oggetto per il marito che in lei vede tutto ciò che una donna dovrebbe avere: bella e accondiscendente.
Galatea è la donna oggetto per antonomasia, è bella e muta, tale deve restare, nessuna imperfezione può intaccare il suo aspetto o il suo animo, neanche le smagliature del parto, ma sua voce assume un tono rabbioso e il suo animo diventa sovversivo e capace di distruggere.
Poche pagine che hanno il sapore di libertà, ma che lasciano un retrogusto di tristezza.
Una delicatezza fragile, eppure potente come le onde del mare.

Sentivo che mi scrutava, che ammirava la sua opera. Non è così che mi aveva scolpita, ma si immaginava nell’atto di farlo. Una bella statua: la Supplice.

Nella rivisitazione della Miller, Galatea è una statua che il soffio della vita ha reso umana. Fredda e bianca, in una stanza di un ospedale dove il marito l’ha rinchiusa. I medici la credono pazza quando afferma di essere fatta di pietra e la sedano con delle bevande calde, che le tolgono la lucidità e la dignità. Suo marito, il suo creatore, viene a trovarla come fosse un gioco, che inizia sempre nello stesso modo: quando lui entra nella stanza lei finge di essere ancora una statua, e quando lui prega che lei diventi una donna in carne e ossa, lei apre gli occhi e lui si prende il suo corpo. Non accetta che nel momento in cui Galatea ha preso vita abbia anche capacità di parola, soprattutto ciò che più lo infastidisce è che possa sfuggire al suo controllo.

Era quasi tenero il modo in cui si preoccupavano di me.
«Com’è pallida» ha detto l’infermiera.
«Deve stare tranquilla finché non riprende il colorito.»
«Il mio colorito è questo» ho detto io.
«Perché una volta ero di pietra.»

Insieme hanno una figlia di appena dieci anni, Pafo, ed è per lei che Galatea trova la forza di un’ultima fuga, un estremo saluto.
La complessità dell’essere donna viene rappresentata nelle due generazioni con amarezza.

Pafo era una bambina intelligente, molto intelligente, e non c’era neppure bisogno che le suggerissi di non dire niente a suo padre.

Una dualità che trova conferma anche nei colori utilizzati dall’illustratrice per i disegni che accompagnano il racconto: il rosa e il grigio scuro della pietra, della freddezza del suo creatore, dell’oscurità della condanna di Galatea, relegata al silenzio. Le illustrazioni si fondono con la narrazione, amplificandone il pathos.

Il finale lo scoprirete da soli, ma vi assicuro che mi ha lasciato senza fiato.

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