[RECENSIONE] IL QUADERNO DELLE PAROLE PERDUTE - PIP WILLIAMS - GARZANTI



Buongiorno Sognalettori,
oggi ho deciso di parlarvi di un libro che mi ha chiamata, catturata e affascinata...
Mi riferisco a “IL QUADERNO DELLE PAROLE PERDUTE” di Pip Williams, pubblicato dalla casa editrice Garzanti, che ringrazio per aver deciso di pubblicare un libro così ben curato!! Da lettrice apprezzo moltissimo quando viene messa una cura quasi maniacale nella traduzione e pubblicazione di un libro! 😊

Pip Williams, nata a Londra, è cresciuta in Australia, dove vive e lavora come scrittrice e giornalista. ha iniziato la sua carriera nelle pubbliche relazioni.
Lavora come scrittrice e tiene un blog di design.



IL ROMANZO


Titolo: Il quaderno delle parole perdute
Autore: Pip Williams
Data di uscita: 20 Maggio 2021
Genere: Narrativa Contemporanea Straniera | Storico
Pagine: 432

È a loro, alle donne dimenticate, che io darò una voce.

Oxford. Lo Scriptorium nel giardino segreto è il luogo preferito della piccola Esme. Lì, nascosta sotto un immenso tavolo di legno, ruba parole scritte su bianchi fogli. Parole che il padre lessicografo scarta mentre redige il primo dizionario universale. Più Esme cresce, più capisce che le definizioni che non compariranno nel lemmario ufficiale hanno qualcosa in comune: parlano delle donne, del loro modo di essere, delle loro esperienze. Parlano della sorellanza, dell’amore che non è solo possesso, dell’essere compagne in una lotta comune. Escluderle significa non dar loro una voce, guardare il mondo da un unico punto di vista, soffocare possibilità e speranze. Eppure c’è chi fa di tutto per farle scomparire per sempre. Anni dopo, Esme è determinata a fare in modo che questo non accada. Per tutta la vita ha collezionato quelle parole con l’intenzione di proteggerle, perché ha un sogno: scrivere un dizionario delle donne, che restituisca a ciò che è andato perduto il rispetto che merita. Per farlo deve combattere contro chi non la pensa come lei. Ma a darle coraggio ci sono tutte le donne che da secoli non aspettano altro che far parte della storia e non essere dimenticate.

Un debutto che ha sconvolto gli editori internazionali alla Fiera di Francoforte. Venduto in oltre 20 paesi. In Australia è stato un successo senza paragoni con oltre 100.000 copie vendute e, da un anno, è in vetta alle classifiche. Ora si prepara a conquistare il resto del mondo.
Un romanzo che, prendendo spunto dalla storia vera della nascita dell’Oxford English Dictionary, scrive un inno all’importanza delle parole e dei libri. Un inno al diritto delle donne di rivestire un ruolo centrale nella cultura e nella società. Una storia che unisce al fascino intramontabile dell’ambientazione accademica di Oxford e Cambridge un messaggio di potente attualità.


Febbraio 1886, Sunnyside, Oxford.

La storia narrata in questo libro inizia in una giornata super laboriosa all’interno di una piccola rimessa in giardino, di modeste dimensioni ma affollata di gente super concentrata nel proprio lavoro.
A dirigere il tutto è il professor James Murray, colui che si è assunto un compito importantissimo: scrivere il Dizionario della Lingua Inglese, l’OED (Oxford English Dictionary)… e per farlo ci vuole moltissima pazienza, una buona dose di cultura, un considerevole supporto di innumerevoli volontari sparsi per tutta la nazione, tanta, tanta precisione, costanza e perseveranza… tutte qualità che non solo il signor Murray, ma tutti i suoi collaboratori possiedono.
Infatti, oltre ai numerosi volontari che scovano e inviano parole con altrettante definizioni via posta, c’è uno staff selezionato di lessicografi che amano il loro lavoro e che dedicano l’intera giornata chinati sulle proprie mini scrivanie smistando, selezionando, catalogando parole e definizioni, cercando fonti certe che confermino il significato di ogni parola e scegliendo quelle fondamentali che devono rientrare assolutamente nel Dizionario.

Tra questi lessicografi, c’è anche Harry Nicoll, uno dei più fidati lessicografi esperti oltre che giovane papà vedovo che riesce a lavorare e allo stesso tempo badare alla sua piccina di quattro anni, Esme.
La bimba ha sempre mostrato grande interesse per le parole e per tutto ciò che le insegna il padre, e per lei è naturale trascorrere le sue giornate pazientemente, giocando tranquilla sotto la scrivania del pare, accontendandosi di poco. Ovviamente, nonostante la giovanissima età, la bimba ha sempre le orecchie tese pronta ad imparare qualsiasi gioco di parole che il papà e gli altri colleghi (come ad esempio il simpatico signor Sweetman) le vogliano insegnare.
Certamente è assai insolito che una bambina così piccola passi così tanto tempo seduta buona buona sotto la scrivania, eppure Esme non ha mai dato fastidio a nessuno e tutti – compreso il professor Murray – accettano di buon grado la sua presenza lì nello Scriptorium.

Scriptorium. La parola dà l’idea che fosse un edificio grandioso, in cui anche un passo leggerissimo eccheggiasse tra il pavimento di marmo e la cupola dorata. Ma si trattava solo di una rimessa, nel giardino sul retro di una casa ad Oxford.
Invece di porre vanghe e rastrelli, lì si riponevano parole. Ogni parola della lingua inglese era scritta su un foglietto di carta delle dimensioni di una cartolina postale. Venivano spediti da volontari di ogni parte del mondo e conservati in mucchi nelle centinaia di caselle allineate lungo le pareti. Il professor Murray era colui che aveva scelto il nome Scriptorium – doveva aver pensato che un semplice capanno in un giardino non fosse degno di custodire la lingua inglese – ma tutti coloro che vi lavoravano lo chiamavano Scrippy. Tutti tranne me. A me piaceva la sensazione che dava la parola Scriptorium mentre si formava in bocca e si posava delicatamente sulle labbra. Mi ci volle parecchio per imparare a pronunciarla ma, quando infine ci riuscii, nessun’altra poteva sostituirla.

È così che il professor Murray ha deciso di ribattezzare la sua rimessa nonché luogo di lavoro, dando grandissima importanza alla missione che ha deciso di intraprendere (cosa per niente facile… soprattutto all’epoca dove tutto veniva scritto a mano su carta, e solo alla fine, dopo un lavoro immane, veniva stampato!!) e al tempo stesso avvalorando l’importanza delle parole.
E la piccola Esme ha imparato fin da subito quanto le parole siano estremamente importanti. Quasi fondamentali.

Certe parole sono più importanti di altre: questo ho imparato, crescendo nello Scriptorium. Ma mi ci è voluto parecchio tempo per capire perché.

Quando un paio d’anni dopo, per caso, una delle schede su cui stanno lavorando finisce sotto la scrivania, proprio in grembo alla bimba, le si apre un mondo e le balza in mente un’idea improvvisa: vuole a tutti i costi salvare quel piccolo pezzo di carta, quella parola che altrimenti potrebbe finire nel fuoco…

Era speciale perché mi aveva trovato. Pur essendo poco più che niente, era abbastanza. Era piccolo e fragile e magari non aveva un grande significato, ma io dovevo salvarlo dalle fiamme del caminetto.

Nonostante non abbia mai conosciuto la sua mamma, Esme ha la fortuna di avere una sorta di angelo custode in Lizzie Lester, una ragazza di soli otto anni più grande di lei che lavora come cameriera e tuttofare nella villa dei Murray. Lizzie infatti, oltre ad essere molto premurosa, piena di energie e un’instancabile lavoratrice, ha sempre un occhio di riguardo per Essymay (come la chiama lei) e non solo se ne prende cura come se fosse una sorellina, ma le vuole un gran bene, un bene sincero.
Proprio grazie a questa complicità, Esme la renderà partecipe di un grande segreto, che Lizzie custodirà con cura negli anni, sostenendo la ragazzina anche quando diventerà una donna.

L’interesse che Esme acquista per le parole è sempre maggiore, quasi vorace, tanto che sente nelle viscere la necessità di scoprirne sempre di nuove, di collezionarle, di trascriverle accuratamente, di proteggerle… e per fare ciò approfitterà delle nozioni che le varie persone che avrà modo di conoscere lungo il suo cammino le forniranno gentilmente, con curiosità e rigore, proprio come fanno i lessicografi.

Le parole non avevano mai fine. Non avevano fine i loro significati, o i modi in cui erano state usate. La storia di alcune risaliva ad epoche talmente remote che la nostra moderna conoscenza di esse non era niente più che un’eco dell’originale, una deformazione. In precedenza avevo pensato il contrario, che le parole deformi del passato fossero goffi abbozzi di ciò che sarebbero diventate; che le parole formate sulle nostre lingue, nel nostro tempo, fossero vere e complete. Ma mi stavo rendendo conto che, in effetti, tutto quanto veniva dopo quella prima espressione era una corruzione.


Sollevai il ripiano della scrivania ed estrassi la scatola da scarpe che usavo come casella per le mie schede. Conteneva diversi mucchietti, ognuno dei quali rappresentava una parola, con significati e citazioni di varie donne spillati insieme. Sparpagliai le nuove parole sulla scrivania. Ce n’erano che avevo già definito e altre su cui avrei dovuto lavorare. Era questa l’attività che mi piaceva di più: considerare tutte le varianti di un termine, decidere quale sarebbe stato il lemma principale e poi creare una definizione che si adattasse.

La storia prosegue negli anni, vedendo l’evoluzione di Esme da una versione acerba e timida, ad una più sicura, più curiosa e più matura… molte cose cambieranno nella sua vita per nulla facile, ma una costante rimarrà sempre fissa: il suo amore per le parole e il suo senso di protezione verso di esse.

Non posso svelare di più della trama, perché è un libro che deve essere assaporato da voi Sognalettori con la sorpresa che merita, ma posso dirvi che hanno molta rilevanza nella trama e per la protagonista anche il personaggio di Ditte Thompson e di Gareth Owen.

Questo scorrevolissimo, piacevolissimo e meraviglioso romanzo, mi ha davvero stupita in positivo in tutti i sensi: sia per la storia in sé, sia per la traduzione praticamente perfetta del traduttore Stefano Beretta, che – secondo il mio modestissimo parere – ha fatto un lavoro eccellente facendo non solo onore alla versione originale, ma anche utilizzando dei termini della lingua italiana che hanno arricchito la narrazione, rendendolo un libro davvero interessante e assolutamente gradito!

“Il quaderno delle parole perdute” è un romanzo nato dalla fervida immaginazione di Pip Williams, ma assai verosimile, dato che si basa su una serie di fatti storici realmente accaduti e accuratamente studiati e riportati dall’autrice, dalle cui parole traspare un incredibile lavoro di ricerca e una grandissima passione per quel che ha scritto. Per non parlare poi anche delle interessantissime note storiche che la Williams ha inserito in coda al romanzo!! 😍
Adoro quando i libri, oltre ad intrattenere i lettori, gli regalano conoscenze storiche interessantissime che fanno parte della storia di tutti (io per prima ho utilizzato un sacco l’Oxford English Dictionary durante i miei studi, e pensare che la primissima versione stampata abbia avuto origine in questo modo mi ha assolutamente affascinata!! 😍).

Ed inoltre all’autrice (e alla protagonista della storia) stanno molto a cuore i diritti delle donne, tematica che assume enorme rilevanza sia nella storia che attraverso le righe.
Perché in fondo, in ogni epoca, le donne hanno sempre dovuto lottare enormemente di più degli uomini per essere considerate e per ottenere anche solo una minima parte dei diritti che spettano loro… [e in questi giorni lo si vede – ahimè – anche per una recentissima sconfitta politica, culturale e soprattutto umanitaria in Afganistan… ne sarete a conoscenza tutti voi, Sognalettori 😢].

Proprio per tutti questi motivi non ho potuto che appassionarmi alla storia fin dalle primissime righe, tuffandomi a capofitto tra le pagine e il fascino delle parole (sia quelle narrate, sia quelle che Esme scoprirà via via), e mi sono ritrovata a volerne sapere sempre di più, divorando un capitolo dopo l’altro e riscoprendomi in qualche modo affine allo spirito curioso di conoscenza di Esme.
Anch’io ho sempre dato moltissima importanza alle parole, pur essendo consapevolissima che talora non si riesca ad esprimerci esattamente come vorremmo, e che una precisione più accurata della scelta delle parole da usare comporterebbe una maggior comprensione da parte degli altri, facilitando decisamente ciò che desidereremmo davvero dire.

Detta così magari potrebbe sembrarvi più contorta di come sia in realtà, ma vi assicuro che tra le pagine di “Il quaderno delle parole perdute” troverete storia, ricerche, cura per i dettagli, sentimenti veri, personaggi quasi palpabili e un amore infinito per la lingua parlata e scritta, cosa che – ahimè – da una gran parte di persone viene dimenticata e presa sottogamba, alimentando un’ignoranza dilagante.

Ho scoperto questo libro relativamente da poco (non per niente è stato pubblicato molto di recente), ma vi assicuro che rientra tra i gioiellini che mi sento assolutamente di consigliare di leggere!! 😉
Io l’ho amato, e mi auguro davvero che possa piacere allo stesso modo anche a voi Sognalettori!! 😊

Ed ora ditemi: l’avevate già adocchiato? Non avete saputo resistere e l’avete già letto? Che ne pensate? Fatemelo sapere nei commenti sotto al post, sono curiosa!

Buona lettura e a presto,

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