[RECENSIONE - PREMIO STREGA] L'ETÀ STRANIERA - MARINA MANDER - MARSILIO EDITORE


Buongiorno Sognalettori!
Oggi vi parlo di un libro che fa parte di una “scelta di lettura interna al blog” per un motivo ben preciso, che scoprirete fra non molto. Il libro in questione è “L’ETÀ STRANIERA” di Marina Mander, pubblicato dalla casa editrice Marsilio Editori.

Marina Mander scrittrice triestina, vive a Milano. Tra le sue opere di narrativa: Ipocondria fantastica (Editori associati – Transeuropa 2000, et al. 2012), Catalogo degli addii (et al. 2010), La prima vera bugia (et al. 2011, di prossima ripubblicazione presso Marsilio), tradotto in diversi paesi europei e negli Stati Uniti, Nessundorma (Mondadori 2013, finalista al Premio Rapallo-Carige), Il potere del miao. I gatti che mi hanno cambiato la vita (Mondadori 2015).
Ha scritto inoltre per le riviste Il Piccolo, Vanity Fair e The New York Times.

IL ROMANZO

Genere: Narrativa Contemporanea
Data di uscita: 28 Febbraio 2019
Prezzo cartaceo: 16,00€
Prezzo ebook: 9,99€


Leo non studia molto, ma è bravo a scuola. Non fuma tanto, ma un po' d'erba sì. Ha una madre, Margherita, che lavora come assistente sociale e un padre che è stato matematico, è stato intelligente, è stato vivo l'ultima volta nel mare e poi è scomparso tra le onde con il pigiama e le ciabatte. Leo odia i pigiami, le ciabatte e non si fida più del mare, forse di nessuno. Odia tutte le cose fino a quando nella sua vita non arriva Florin, un ragazzino rumeno che non studia, non ha una casa, non ha madre né padre - o magari sì ma non ci sono - e si prostituisce. Florin si prostituisce e la madre di Leo decide di ospitarlo, sistemandolo nella camera del figlio, perché l'appartamento è piccolo e perché «forse potete farvi bene l'un l'altro». Leo che non ha mai fatto l'amore con nessuno e Florin che fa l'amore con tutti condividono la stessa stanza. Leo pensa di odiare Florin, che comunque è meglio di una cosa, è vivo. Leo è tutto cervello e Florin è tutto corpo: questo pensa Leo, che racconta la storia. La "scimmia" lo chiama, come una delle tre scimmiette: Iwazaru, quella che non parla. In realtà entrambi i ragazzi sono ancora forti di una fragile interezza, perché sono adolescenti e hanno ferite profonde ma corpi e sentimenti giovani. Comincia così, tutta storta, l'avventura del loro viaggio a occidente, fra estraneità e appartenenza: mistico per Leo - in continuo contatto con un tribunale immaginario che cerca di convincerlo di avere ucciso il padre - e fisico per Florin - in balia di uomini violenti in un mondo più violento ancora. "L'età straniera" racconta un mondo vocale: è nelle voci che questa storia e tutte le storie si sviluppano - le parole di Florin che mancano, quelle in cui Leo si rifugia.


Questo libro è la storia di Leonardo, il protagonista narrante, ma è anche la storia di sua madre Margherita, ed anche del giovane e malridotto Florin. Lo è perché, in un modo molto insolito, si trovano ad affrontare assieme un pezzo della loro vita, un po’ così all’improvviso e a strettissimo contatto.
Il narratore in prima persona è Leonardo, detto Leo, il quale ci racconta che sua madre Margherita, vedova prematura, vive con la pensione del marito e lavora come volontaria: ha scelto di fare l’assistente sociale, le piace molto aiutare il prossimo ed ha studiato per farlo. In particolare il suo lavoro la porta ad occuparsi di giovani che si ritrovano sulla strada costretti dalla povertà o da genitori disumani, come nel caso di Florin.
Margherita incontra Florin di sera, quando fa il giro di controllo in una zona male illuminata dai lampioni, in un quartiere buio di una Milano piena di tanta bellezza quanto di dolore nascosto, un territorio che per Florin è diventato il suo “ambiente di lavoro”, visto che il padre l’ha costretto a prostituirsi fin da quand’era piccolo. Ora, nonostante non abbia ancora 18 anni, Florin vive una vita al limite tra la gioventù rubata e l’età adulta di cui conosce solo una parte, quella più brutta e dolorosa, e possiede l’incoscienza di un ragazzino che sa cavarsela in ogni caso perché deve, ma non può godersi le più piccole cose che un suo coetaneo qualunque ha la fortuna di avere nel proprio quotidiano.
Florin ha fatto solo le elementari e poi ha imparato a cavarsela sulla strada, è romeno e per un periodo ha addirittura abitato in una cabina telefonica, quelle che via via stanno sparendo ovunque – perché tutti hanno un cellulare ormai – una cabina telefonica che è allo stesso tempo così minuscola e alla mercé di chiunque passi, ed anche un tetto, per quanto precario, dove lui possa ripararsi un pochettino dal freddo e dalla pioggia.
L’aspetto di Florin è descritto con uno spiccato senso critico da Leo, che lo indica come un brutto tappetto dai folti capelli ricci e scuri, pallido al punto tale da avere la pelle quasi di carta velina da quanto si vedono chiaramente le vene, e un’aria così smunta, tanto che Leo si chiede come facciano i clienti a volere uno come lui.

Sebbene abbiano la stessa età, Leo e Florin non potrebbero essere più diversi di così: sia fisicamente che caratterialmente. Leo infatti è alto 1,80 m , ha i capelli biondi (un po’ in stile Kurt Cobain), un bel fisico atletico, un’aria da saccente (giustificata dalla sua vasta cultura, avvalorata dalla sua grande passione per la lettura, e dai suoi studi al liceo classico…. Dove nonostante non si applichi abbastanza, sembra nato con l’aoristo in bocca). Leo è bello e molto intelligente, ne è assai consapevole, ma ha una “pecca” che gli pesa enormemente: non è mai andato fino in fondo con una ragazza, e per questo non si sente ancora un vero uomo.
Perciò potete capire bene quanto gli pesi questa sua condizione quando la madre decide – senza interpellarlo – di piazzargli in camera proprio Florin, dopo aver deciso di ospitarlo a casa loro fino a tempo indefinito! E, come se non bastasse, visto che è estate e che hanno la stessa età, la madre costringe il figlio a fare compagnia quasi 24 ore su 24 al nuovo arrivato, nonostante i due facciano una gran fatica a comunicare e pare che non abbiano interessi in comune.

Quando non si sa bene cosa fare della propria vita si spera sempre in un incontro che possa cambiare tutto, se non sei capace di modificare le cose da solo ci dovrà pur essere qualcuno da qualche parte a traghettarti in un’età migliore. Forse l’incontro con mia madre rivoluzionerà davvero la vita a Florin, forse lui ricorderà per sempre quella notte in cui le ha chiesto te rog , una merendina, come decisiva, e ringrazierà il destino di allora dall’alto di un podio in un convegno, vestito da amministratore delegato. Forse mi elargirà qualcosa per campare, per comprarmi un altro plaid e un gatto di razza pura […]

Oltretutto Leo ha poca voglia di uscire, fa uso frequente di canne (ad insaputa della madre), è un tipo al quale non piace molto chiacchierare – ma che durante il sonno parla talmente tanto da essere quasi patologico – rimugina su tutto e ha la tendenza a polemizzare su qualsiasi cosa che non sia una sua idea… praticamente è in disaccordo con il mondo.
Che questo suo disagio interiore provenga dal suo passato, in particolare dal suo senso di colpa per la morte del padre, quando era appena un ragazzino?

Quando non so da che parte scappare, scappo in un libro, ho iniziato con un’Odissea a fumetti in prima elementare, mi sono innamorato di Nausicaa e non ho mai capito perché Ulisse ci tenesse così tanto a tornare da Penelope. Poi ho continuato a leggere per farmi compagnia, per vivere qualche altra vita, per non sentire litigi dietro alla porta, per non ascoltare professori barbosi, per frequentare in solitudine una moltitudine di gente, per risalire il fiume Congo o fare il medico in Africa, per voltare pagina e dimenticare per sempre Itaca. Cosa farò se il qui presente mi impara l’italiano?
Dicono che quelli dell’Est imparano le lingue in fretta. Per fortuna Iwazaru non mi pare molto portato. O forse lo è, ma gli fa più comodo così, fare finta di non capire, non essere costretto a parlare.

Da quando è arrivato a casa loro, sebbene non parli molto e anzi faccia fatica a farsi capire, spiaccicando sì e no qualche parola ogni tanto e solo in romeno, Florin ha molto appetito (nonostante il fisico gracilino) e sembra sempre apatico, come se la vita lì dove è stato accolto sia sì un piacere, ma allo stesso tempo una conseguenza temporanea che non si sa spiegare, e che pertanto non voglia approfittarne troppo, ben sapendo che potrebbe durare poco.
Questa strana accoppiata di Florin e Leo non potrebbe sembrare più assurda e campata per aria (a detta di Leo), eppure la loro convivenza forzata porta a smuoverli almeno un po’ e a farli comunicare tra loro un po’ a gesti e un po’ a prese in giro (Leo si diverte tanto a dirne su di tutti i colori a Iwazaru la scimmia che non parla, come lui chiama Florin).
Eppure se Margherita ha avuto questa idea, un motivo ci sarà... non può essere solo ed esclusivamente per la sua indole da crocerossina, no? Almeno così la pensa anche Antonio alias Tango-12-in-2-minuti , il tassista grasso e un po’ silenzioso e accondiscendente che è il compagno di Margherita, conosciuto la prima volta tanti anni prima in taxi, ma rincontrato di recente ad un corso di tango.
La figura di questo compagno della madre – che Leo non vuole mai chiamare per nome e che vede più come un inquilino abusivo che un vero abitante del piccolo appartamento – è una presenza che c’è e non c’è nel libro, proprio perché a raccontare tutto è Leo, che possiede un carattere polemico col mondo.

La scelta di lettura di questo libro è ricaduta su “L’età straniera” per un progetto interno delle collaboratrici del blog: abbiamo pensato di leggere tutti i libri che sono candidati al Premio Strega, dividendoceli tra noi, in modo da poterli leggere e analizzare attentamente prima che venga scelto il vincitore.
Premetto che non conoscevo l’autrice, ma mi sono approcciata alla lettura senza preconcetti né particolari aspettative se non la curiosità: la curiosità di affrontare la lettura di un’autrice per me nuova e quella di leggere un genere che non è tra quelli che sono solita intraprendere.
Questi due fattori li ho sentiti durante tutta la lettura del libro, ahimè, perché ho riscontrato qualche leggera difficoltà ad immedesimarmi con i personaggi non tanto per la storia, ma per lo stile di scrittura che l’autrice ha scelto per il narratore. Non so se questo sia lo stile tipico di Marina Mander, ma l’ho trovato, specialmente in taluni punti, leggermente indisponente, forse troppo elaborato, polemico, in alcuni tratti quasi pomposo e un pochettino ridondante.
Mi spiego meglio: il linguaggio è ricco di citazioni e talvolta anche puntiglioso e lezioso, ed è palese la conoscenza dell’autrice in svariati campi, tuttavia – a mio modesto parere – l’ho trovato non idoneo ad un giovane 17enne narratore, nonostante frequenti il liceo classico e abbia una spiccata propensione per qualsiasi nozione che dimostri la sua intelligenza e la sua cultura.
In particolare ho fatto un po’ fatica ad affrontare gli sbalzi temporali e i monologhi di Leo quando dorme, i suoi innumerevoli sproloqui nel sonno, che non si capisce bene se siano solo sogni, dialoghi con una psicologa o piuttosto dialoghi interiori che lui fa tra sé e sé da sveglio; non mi hanno particolarmente colpita le frequenti liste di aggettivi, sinonimi ed invettive contro tutto che Leo scialacqua senza remore durante la narrazione, talvolta in maniera ridondante, altre volte senza un apparente criterio logico. Per non parlare dell’animo fin troppo polemico di Leo che si prodiga a criticare qualsiasi cosa a prescindere, quasi si giustificasse di questo suo atteggiamento visto che è figlio unico, rimasto orfano di padre e la sua casa e la sua camera sono stati “invasi” da altri due individui esterni alla famiglia.

La storia alterna fatti interessanti per lo svolgimento della trama a descrizioni poco approfondite dei personaggi, che mi hanno dato l’idea di poco spessore dei protagonisti, e probabilmente per questo la mia attenzione durante la lettura del libro non è stata spesso tenuta alta.
Durante la lettura mi è parso che la trama, nonostante contenga degli elementi che potrebbero incuriosire i lettori, non li abbia valorizzati al punto tale da renderli poi così rilevanti da essere visti come punto a favore.

Nonostante ciò però ho apprezzato il voler scegliere uno dei due protagonisti che, sebbene parta svantaggiato dalla vita, è forse quello che dà l’imput agli altri personaggi per un confronto, svariate riflessioni che portano ad una sorta di evoluzione in direzione della fine del libro. Finale che però rimane un po’ aperto.
Non sono riuscita però a capire bene quale fosse l’intento dell’autrice con questo libro, perché nonostante il fulcro possa sembrare il confronto con persone che hanno un background differente dal nostro come arricchimento, non sono del tutto sicura che Leo, Margherita e Antonio abbiano tratto del tutto beneficio da questo confronto.

Pertanto per le cose che ho spiegato poc’anzi, il libro non è stato in grado di coinvolgermi troppo nella lettura e nell’immedesimazione con i personaggi e i loro pensieri...
Che sia perché è un libro completamente diverso dal genere che prediligo leggere?
Chi lo sa…
Certo è che non smetterò di mettermi alla prova anche con generi “lontani” dalla mia comfort zone, perché ogni tanto si possono fare delle belle scoperte, certo, non in ogni caso. 😅


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