[IL NOSTRO DIARIO] Presentazione "Furono baci e furono sorrisi" - Mariel


Cari Sognalettori,
ci ritroviamo sempre a riflettere su ciò che siamo, ma mai su quello che non siamo e, soprattutto, su ciò che potremmo fare per levarci di dosso quel sapore di infelicità. La mia riflessione non è scontata se pensate che, in realtà, non è altro che il frutto di una bellissima presentazione in onore di Fabrizio De Andrè.



Domenica 28 aprile, per la prima volta, “Diario di un sogno” ha avuto l’onore di essere invitato ad un evento pugliese: si tratta della presentazione del libro di Fulvio Frezza, FURONO BACI E FURONO SORRISI – DIECI ANNI DI FABRIZIO DE ANDRE’, pubblicato dalla sorprendente Florestano Edizioni.
Sarò onesta: da ventiduenne non ho mai avuto il piacere di vivere gli anni di questo magnifico cantautore e conosco le sue canzoni più “popolari” solo per sentito dire, non mi ci sono mai cimentata ulteriormente. Adesso che l’ho scoperto, però, giuro che me ne pento: tutte quelle volte in cui alla domanda “conosci De Andrè?” rispondevo affermativamente… bèh, forse sbagliavo perché solo ora mi rendo conto che in realtà IO non l’ho mai conosciuto per davvero. Ho sempre contemplato la struttura e la forma lineari delle sue canzoni, sembrava sempre tutto così semplice, leggero, fugace… ma dietro ogni perfezione si nasconde un abisso.
Ed ecco, miei sognalettori, è questo l’abisso di cui vi vorrei
parlare.  



Sullo sfondo della lettura SUPER INTERPRETATIVA di Fulvio Frezza, autore di questa bellissima biografia, accompagnato dalla melodia stravolgente di Domenico Mezzina, ho fatto un viaggio alla scoperta di un mondo così dolce ma tanto tormentato.
Esatto, solo adesso ho scoperto che Fabrizio era tormentato, che allontanava la famiglia coniugale e che contava sugli investimenti di suo padre. Si è sposato a soli vent’anni (due anni meno di me!) continuando a studiare legge, ma frequentava ancora gli stessi amici continuando a non trovare un posto nel mondo.


Questa di Marinella è la storia vera
Che scivolò nel fiume a primavera
Ma il vento che la vide così bella
Dal fiume la portò sopra a una stella
Sola e senza il ricordo di un dolore
Vivevi senza il sogno d'un amore
Ma un re senza corona e senza scorta
Bussò tre volte un giorno alla tua porta
Bianco come la luna il suo cappello
Come l'amore rosso il suo mantello
Tu lo seguisti senza una ragione
Come un ragazzo segue un aquilone
E c'era il sole e avevi gli occhi belli
Lui ti baciò le labbra ed i capelli
C'era la luna e avevi gli occhi stanchi
Lui pose le sue mani sui tuoi fianchi
Furono baci e furono sorrisi
Poi furono soltanto i fiordalisi
Che videro con gli occhi nelle stelle
Fremere al vento e ai baci la tua pelle
Dicono poi che mentre ritornavi
Nel fiume chissà come scivolavi
E lui che non ti volle creder morta
Bussò cent'anni ancora alla tua porta

Questa è la tua canzone Marinella
Che sei volata in cielo su una stella
E come tutte le più belle cose
Vivesti solo un giorno, come le rose
E come tutte le più belle cose
Vivesti solo un giorno come le rose

“La canzone di Marinella”, come potete ben vedere, ha una struttura semplice ma molto FORTE.
Come ho potuto credere che queste canzoni fossero leggere?

Fabrizio si è accorto di amare la sua terra, Genova, solo quando se ne è allontanato per approdare in quella sarda. Erano le sue abitudini scomparse a lasciargli un vuoto dentro.
In “via del campo” lo sentiamo parlare delle meretrici di sempre, “quella che dà a tutti la stessa rosa” e quella che “ti prende per mano per farti scoprire che il paradiso è solo lì al primo piano”.
In fondo, De Andrè nascondeva una paura più grande di se stesso: QUELLA DI AMARE. Non voleva ammettere che, in realtà, si stava innamorando. 



Un uomo onesto, un uomo probo
S'innamorò perdutamente
D'una che non lo amava niente.

Gli disse portami domani
Il cuore di tua madre per i miei cani.
Lui dalla madre andò e la uccise
Dal petto il cuore le strappò
E dal suo amore ritornò.

Non era il cuore, non era il cuore
Non le bastava quell'orrore
Voleva un'altra prova del suo cieco amore.
Gli disse amor se mi vuoi bene
Tagliati dei polsi le quattro vene.

Le vene ai polsi lui si tagliò
E come il sangue ne sgorgò
Correndo come un pazzo da lei tornò.
Gli disse lei ridendo forte,
L'ultima tua prova sarà la morte.

E mentre il sangue lento usciva
E ormai cambiava il suo colore,
La vanità fredda gioiva,
Un uomo s'era ucciso per il suo amore.

Fuori soffiava dolce il vento
Ma lei fu presa da sgomento
Quando lo vide morir contento.
Morir contento e innamorato
Quando a lei niente era restato
Non il suo amore non il suo bene
Ma solo il sangue secco delle sue vene.



Donne, alcol, problemi economici, PAURA DI PRENDERSI DELLE RESPONSABILITA’.
A ventisei anni Fabrizio CREDE in quello che scrive.

Ricordi sbocciavan le viole 
con le nostre parole 
"Non ci lasceremo mai, mai e poi mai", 

vorrei dirti ora le stesse cose 
ma come fan presto, amore, ad appassire le rose 
così per noi 

l'amore che strappa i capelli è perduto ormai, 
non resta che qualche svogliata carezza
e un po’ di tenerezza.


E quando ti troverai in mano 
quei fiori appassiti al sole 
di un aprile ormai lontano, 
li rimpiangerai 

ma sarà la prima che incontri per strada 
che tu coprirai d'oro per un bacio mai dato, 
per un amore nuovo. 



(Come si fa a non piangere? Giuro, ho la pelle d’oca.) 





Nel 1967 morì il suo amico Luigi Tenco, dopo il debutto a Sanremo con “Ciao amore ciao”.
La morte di un amico è un vuoto da riempire e lui lo fece nel modo in cui gli riusciva meglio; Luigi moriva a soli 29 anni e a Fabrizio non toccava che RINASCERE, magari sperando in un amore che, finalmente, sia PER SEMPRE.

CHI NON IMPARA A MORIRE OGNI VOLTA NON PUÒ RINASCERE.
Bisogna che impariamo a separare le cose buone da quelle inutili- recita Frezza- non resta che cercare il miele proprio dove l’avevi nascosto. Guardare le nostre debolezze e i fallimenti richiede coraggio perché è più facile perdonare gli altri che perdonare se stessi.

L’11 gennaio 1999 Fabrizio si è spento, lasciando in questo mondo l’eternità dei suoi componimenti. Perché la POESIA racchiusa nelle canzoni è immortale.

Ringrazio immensamente il bravissimo Fulvio Frezza, per aver scritto e recitato tale bellezza: credo che ci sia ancora molto da approfondire sul suo capolavoro… non vedo l’ora di leggerlo! Ringrazio Domenico Mezzina per le emozioni regalatemi e, soprattutto, la FLORESTANO EDIZIONI e la LIBRERIA EMMAUS per aver reso possibile questo evento e per aver invitato il nostro blog ad assisterne: ne siamo onorate!



A presto







1 commento

  1. E' sempre un grande piacere scoprire di aver "donato" qualcosa con le mie parole.
    Grazie della passione con la quale hai saputo "ascoltare".
    Fulvio

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