[RECENSIONE] PIAZZA FONTANA - CARLO LUCARELLI - EINAUDI EDITORE




Buongiorno Sognalettori,

oggi sul blog vi parlerò di un libro di Carlo Lucarelli "Piazza Fontana" pubblicato da Einaudi Editore.

Carlo Lucarelli (Parma, 1960) ha pubblicato per Einaudi moltissimi libri, tra i quali ricordiamo: Nuovi misteri d'Italia (2004), La mattanza (2004), Piazza Fontana (Stile Libero Video 2007, Super ET 2019), L'ottava vibrazione (2008), L'ispettore Coliandro (2009), I veleni del crimine (2010), L'ispettore Grazia Negro (2013), Albergo Italia (2014), Carta bianca (2014), Il tempo delle iene (2015), L'estate torbida (2017), Intrigo italiano (2017), Peccato mortale (2018) e Navi a perdere (2018). Conduce da molti anni trasmissioni televisive, ora su Sky, sui vari aspetti non risolti dalle inchieste sul crimine. I suoi libri sono tradotti in piú lingue e sono oggetto di versioni cinematografiche e tv, tra cui il ciclo dedicato al commissario De Luca e la serie L'ispettore Coliandro.



IL ROMANZO

 
Titolo: Piazza Fontana
Autore: Carlo Lucarelli
Data di uscita: 22 Ottobre 2019
Genere: Narrativa italiana
Pagine: 128


Milano, 12 dicembre 1969. Una bomba esplode nella sede della Banca nazionale dell’agricoltura, in piazza Fontana. È una strage. È l’inizio della strategia della tensione che con il sangue e la violenza tenta la via del colpo di Stato autoritario. Lucarelli ricostruisce questo «romanzo nero della Storia d’Italia», guidandoci in un percorso disseminato di bugie, capri espiatori, coperture e depistaggi. Un libro che ci toglie il sonno, perché è tutto vero.
In appendice, a cura di Nicola Biondo, la cronologia degli avvenimenti, la sintesi delle fasi processuali, le biografie dei protagonisti, la bibliografia e filmografia essenziali.
Una storia che ci riguarda tutti, perché è lí che l'Italia «ha perduto l'innocenza». Di fronte a quei morti e feriti del 12 dicembre 1969. Quando i processi non possono piú darci la verità giudiziaria, la parola passa alla Storia e alla memoria.


"12 DICEMBRE COMPAGNO PINELLI LIBERO": Ero affascinato da piccolo da quella scritta sul muro della mia scuola. Una scritta fatta da non so chi né per quale ragione con una bomboletta spray, di quelle che usano i graffitari per imbrattare le pareti anonime della città.
Ogni volta che ci passavo davanti non facevo altro che cercarla tra le altre nonostante non avesse niente di bello, neanche una piacevole calligrafia o alcun simbolo a richiamare qualche appartenenza calcistica. Semplicemente quella scritta riportava la mia data di nascita.
Non ero un bambino particolarmente curioso così una volta finite le "medie" mi scordai della scritta senza approfondire l'argomento fino a quando, dopo una decina d'anni, appresi per caso dalla televisione di una strage avvenuta venticinque anni prima di cui non si riusciva a trovare un colpevole. Molti protagonisti di quello che in seguito fu definito il più lungo processo della Repubblica, infatti, erano morti.
La strage, avvenuta il 12 dicembre, era quella di Piazza Fontana ed una delle vittime era proprio Pinelli.
Al giorno d'oggi basterebbe cliccare su Wikipedia per conoscere persone, fatti e avvenimenti di cui vogliamo avere notizie ma molti anni fa tutto ciò non era possibile. Per trovare informazioni era necessaria una meticolosa ricerca di notizie e tanta pazienza per un accurata ricostruzione dei fatti accaduti.
Così ha fatto Carlo Lucarelli con "Piazza Fontana", libro con il quale porta alla luce uno spaccato del periodo più nero della Repubblica del dopoguerra, fatto di bombaroli, anarchici, neofascisti, servizi segreti, bugie, depistaggi e nessuna consolazione per i familiari delle vittime collegate alla strage e agli eventi che la circondano, quelle vittime che saranno in totale 17.
Il lettore viene condotto in un'Italia che si rialza dalla guerra ma deve fare i conti con frange armate di correnti opposte. Anarchici da una parte e neofascisti dall'altra mettono in atto una serie di attentati e tentativi di golpe generando paura nel popolo che non si sente più protetto e nel governo che non riesce a dargli fiducia.
Quel 12 Dicembre del 1969 è un giorno particolare. È venerdì, fra pochi giorni sarà Natale e a Milano c'è tanta gente in giro per negozi. Tanta gente è riversata anche nelle banche, ognuno a curare i propri interessi. Questo è quello che accade anche in un'agenzia della Banca Nazionale dell'Agricoltura in Piazza Fontana. Proprio in quella sede c'è un tizio con una valigia in mano che si siede, rimane in attesa per un poco di tempo senza creare sospetti e poi esce.
La valigia, però, rimane lì.
In un attimo la deflagrazione che lascia a terra morti e feriti.
Nel frattempo, a Piazza della Scala, alla banca commerciale, degli impiegati notano una valigetta simile a quella esplosa pochi minuti prima e chiamano immediatamente la polizia. Gli artificieri riescono ad anticiparne l'esplosione collocandola al sicuro sottoterra, sicuramente un indizio utile alle indagini; qualcuno però decide di farla brillare ugualmente.
Ma non è finita.
A Roma altre tre bombe scoppiano pochi minuti dopo quelle di Milano, un altro istituto di credito è l'ennesimo bersaglio, la Banca Nazionale del Lavoro di via Veneto. Le altre due esplosioni avvengono all'Altare della patria dove per fortuna si segnalano solo feriti.

"Cinque bombe, tutte nello stesso giorno, tutte nelle stesse ore, a Roma e a Milano. E quella di Piazza Fontana che ha fatto tutto quel massacro, con tutti quei morti e tutti quei feriti. C'è qualcosa dietro. Qualcosa di grosso, qualcosa di brutto. Qualcosa che fa paura."

Immediatamente le accuse si riversano su un uomo, quelle bombe che hanno colpito banche e simboli così odiati dagli anarchici fanno andare le indagini dritto ad una persona, Giuseppe Pinelli, ferroviere che frequenta il circolo Ponte della Ghisolfa, covo di estremisti di sinistra. Viene portato in questura e da lì ne uscirà cadavere quattro giorni dopo. Ad arrestarlo è un funzionario di polizia, Luigi Calabresi, che pochi anni dopo verrà ucciso da alcuni componenti del gruppo Lotta Armata. Pinelli muore in questura volando giù dal quarto piano, la versione fornita dai poliziotti che erano con lui è che si è suicidato, buttandosi giù volontariamente sentendosi incastrato dalle domande degli inquirenti, dando così sin da subito conferma di una sua colpevolezza.
Caso chiuso a quanto pare.
Non è così, le indagini prendono una svolta diversa alcuni anni dopo, quando si arrivò ad affermare che per le bombe furono utilizzate cinque borse uguali di fabbricazione tedesca; rintracciato il negoziante comincia a delinearsi un quadro strano: le valigie, come poi anche i timer usati per le bombe sono state acquistate da persone facenti parte di una cellula dell'estrema destra.
Perché certe informazioni sono arrivate così tardi ai magistrati?
Perché c'è voluto così tanto tempo?
E Pinelli allora?
Si comincia a sospettare che alcuni apparati dello Stato non stiano lavorando a favore delle indagini ma contro.
Si parla di strategia della tensione, attuata per indebolire il sistema democratico a favore del ritorno di un regime autoritario, si parla di segreti militari per contrastare la verità, viene ascoltato l'allora ministro della Difesa Giulio Andreotti.

"La storia non si fa con i se. Però ogni tanto viene la tentazione di chiedersi come sarebbe stato questo Paese se non ci fosse stata la strage. Se l'Italia la sua innocenza non l'avesse perduta."


Si parla di colpi di scena e prove cancellate, così come è stata cancellata quella scritta sul muro della mia scuola come se, anche nel mio piccolo, qualcuno volesse invitarmi a non pensarci più. 

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