Buongiorno Sognalettori!
Come preannunciato nei consigli di lettura di qualche giorno fa, ecco la recensione del libro "Il peso delle parole" di Olimpia E. Petruzzella, edito da Dark Zone.
Come preannunciato nei consigli di lettura di qualche giorno fa, ecco la recensione del libro "Il peso delle parole" di Olimpia E. Petruzzella, edito da Dark Zone.
Olimpia E. Petruzzella è della Classe 1990, si laurea a Bari nel 2014 alla magistrale di Archeologia con 110 e lode.
Dopo frequenta un master in “Drammaturgia e Sceneggiatura” presso l’Accademia “Silvio D’Amico” a Roma, dove vive.
È anche diplomata in violino.
Ha scritto per Hall of Series e Quindici e attualmente collabora come ghostwriter per l’agenzia letteraria Saper Scrivere e come social media manager per l’agenzia di comunicazione Pantomedia srl.
IL ROMANZO
Titolo: Il peso delle parole
Autrice: Olimpia E. Petruzzella
Editore: Dark Zone
Data di uscita: 19 Aprile 2018
Genere: Narrativa Contemporanea
Pagine: -
Prezzo cartaceo: 14,90€
Prezzo ebook: -
Un ex violinista che detesta la musica classica, una giovane editor divorziata che si sente sempre inadeguata e non sa cosa vuole dalla vita, un attore gay e viziato che cerca di rovinare il matrimonio del suo migliore amico, famoso sceneggiatore, anch'egli gay e in crisi col marito.
A legare queste vicende è Diana, giovane sceneggiatrice che, nonostante la sua esuberanza e i modi franchi e gentili, non riesce a lasciarsi andare del tutto nelle relazioni con gli altri.
Il bullismo psicologico che ha subito al liceo le ha, infatti, lasciato addosso un senso di disagio da cui non riesce a liberarsi.
A legare queste vicende è Diana, giovane sceneggiatrice che, nonostante la sua esuberanza e i modi franchi e gentili, non riesce a lasciarsi andare del tutto nelle relazioni con gli altri.
Il bullismo psicologico che ha subito al liceo le ha, infatti, lasciato addosso un senso di disagio da cui non riesce a liberarsi.
Questo libro
potrebbe essere definito un po’ “itinerante”, in quanto viaggia sia nello
spazio che nel tempo per la gran parte della narrazione, trasportando lettore
tra Roma, Londra, Molfetta con sbalzi temporali avanti e indietro, quasi non ci
fosse un apparente ordine logico nei flashback descritti…. Tuttavia l’autrice
li elenca in maniera minuziosa, indicando ogni volta “luogo, giorno e anno” in
modo che il lettore capisca più chiaramente ed eviti di perdersi più di tanto.
Per chi è abituato a leggere libri con storie ben più
lineari, questo libro si può definire leggermente più contorto strutturalmente,
ma non per questo è di difficile globale comprensione, dato che le scene, i
personaggi, le battute e le situazioni sono descritte in modo chiaro e diretto…
come lo sono i quattro protagonisti principali, i quali, sebbene diversissimi
tra loro, non hanno problemi a rivolgersi la parola in modo schietto, seppur
celando qua e là parti della loro vita difficili da condividere con gli
sconosciuti e con chi li conosce meglio.
La narrazione in terza persona dà quel tono di equità tra un
personaggio e l’altro, dando lo stesso tono di importanza ai protagonisti, e la
trovo una bella idea.
È proprio così che si fa la conoscenza di Sean Prescott, un
violinista (anzi ex-violinista) londinese dai riccioli rossi, la pelle
bianchissima, cocchi di un azzurro chiarissimo con i riflessi dorati, gli
occhiali neri dalla montatura squadrata e un eccentrico foulard rosso sempre
rigorosamente al collo, che, dopo aver dedicato praticamente tutta la sua vita
a suonare il violino fin dall’età di 4 anni, improvvisamente decide di
“appendere il violino al chiodo”, rinchiudendolo nella sua custodia e quasi
dimenticandosene, ma solo quasi, perché non permette ai suo passato di vincere
il suo animo, che ha da sempre a cuore la conservazione dello strumento
musicale, come si appresta a pulirlo, controllarlo e accordarlo con regolarità,
seppur rinchiuso nella rigidissima segretezza della sua stanza.
Da bravo britannico, ha la puntualità innata e lo irritano le
persone che per un motivo o per l’altro sono ritardatarie… e di conseguenza,
secondo lui, anche disordinate.
Strano è pertanto che decida di affittare la stanza nella
villetta monofamiliare a tre piani al civico 34 di via Biella proprio a Vanessa
Vitozzi, una trentenne di Molfetta alle prese con la sua difficile vita: donna
dagli occhi verdi ed un carattere peperino, ha molte insicurezze e fin da
piccola ha avuto problemi a fare delle scelte e a portarle a termine. Se da
piccola queste scelte comportavano a non terminare i corsi sportivi o
scolastici, la sua incostanza continua nelle scelte ha condizionato la sua vita
da figlia unica, portandola a sposare Damiano e a seguirlo a Parigi, decidendo
però neanche due anni dopo di abbandonare lui ed il lavoro – che le piaceva
molto – per trasferirsi a Roma e ricominciare la sua nuova vita lavorando come
editor per un giornale online di viaggi.
All’inizio si appoggia alla sua amica Diana d’infanzia, pure
lei di Molfetta, ma che abita a Roma da qualche tempo e lavora come
sceneggiatrice.
Diana ha i capelli corti, una passione sfrenata per il
cioccolato in ogni sua forma, ed abita in un bilocale… dove spesso alloggia
anche Logan, un attore gay britannico che non ha problemi a girare per casa
nudo, anche se in presenza di Diana o Vanessa, e che non si preoccupa di
trascorrere più tempo nell’appartamento di Diana piuttosto che nell’hotel dove
alloggia.
Tutti e quattro hanno un carattere molto particolare, e non
si risparmiano momenti (per non dire periodi) di discussioni e orgoglio, che ad
esempio impediscono a Diana di ricontattare per l’ennesima volta Vanessa quando
non le risponde da mesi, o Vanessa a non ringraziare nessuno per gli auguri
ricevuti per il suo 32esimo compleanno, o a Sean a rivelare la sua vera
identità, o non impedirà a Logan di comportarsi in modo sfacciato ed
eccentrico, addirittura irritante a volte, bisognoso di essere sempre al centro
dell’attenzione.
L’espediente che permette a tutti e quattro di conoscersi è
l’affitto della stanza in via Biella, 34 dove appunto Sean sottopone la nuova
affittuaria Vanessa a sottoscrivere un contratto comprendente di clausole
assurde, come: il divieto assoluto di ascoltare musica classica, di introdurre
un qualsiasi tipo di strumento musicale in casa, o il divieto di portare
qualcuno nella propria stanza, il divieto di fargli domande personali e
rigorosissimamente vietato anche solo entrare nella stanza di Sean.
«Condizioni: Il coinquilino, da ora in poi chiamato il sottoscritto, non deve entrare per nessun motivo in camera di Sean Prescott. […]Il sottoscritto ha il divieto di ascoltare musica classica in casa. Il sottoscritto ha il divieto di far entrare in casa strumenti musicali di qualsiasi tupo. Il sottoscritto ha il divieto di invitare più di una persona per volta in casa… Beh, non gli piace la gente, evidentemente».[…] Il sottoscritto accetta tutte le condizioni di cui sopra. In caso di trasgressione di una qualsiasi delle suddette, questo contratto sarà rescisso con effetto immediato.»
La consapevolezza di essere entrambi fumatori e la presenza
in casa del piccolo gatto Kit almeno è una cosa che li accomuna, e nonostante
Diana sconsigli spassionatamente a Vanessa di accettare e firmare questo
stranissimo contratto con clausole al limite della tolleranza, non le può impedire
di fare anche sta volta di testa sua.
Vanessa infatti ha sempre avuto un animo tormentato, in
costante ricerca di sé stessa, troppo impulsiva e talvolta agisce in maniera
difficilmente comprensibile.
«Vanessa lo ignorò e tornò a rivolgersi all’amica: «Senti, non sono così sprovveduta, ho preso delle informazioni su di lui. Ho chiacchierato con la gente del quartiere. È inglese, ha trentotto anni e si è trasferito a Roma sei anni fa. Fa il professore d’inglese alla British School, qui in via Taranto, livello C1. Sono anche andata ad assistere a un paio delle sue lezioni. Il corso è seguito soprattutto da ragazze perché piace molto – io francamente tutta ‘sta bellezza non la vedo, sembra un alieno, ha certi zigomi… ma sono gusti -, anche se sono un po’ perplesse dal fatto che indossi sempre un foulard rosso. […]»
Per non parlare dell’assoluto rifiuto di Sean di mettersi
completamente a nudo rivelando il suo animo e le sue tante ribellioni interne,
o del modo tutto mischiato di parlare un italiano inglesizzato tutto suo, che
spesso lo porta ad erigere un muro tra lui e gli altri con cui si deve
rapportare.
Ma anche la persona più loquace e spontanea può nascondere
dei segreti: Diana, infatti, ha avuto bisogno più volte di aggrapparsi a
Vanessa fin da giovinette, a causa di brutte esperienze alle superiori, che
l’avevano portata quasi a perdere la sua voglia di vivere.
«A Diana non è mai interessato cosa pensi la gente di lei, ma Vanessa non è così. Lei vuole essere la più bella, vuole essere al centro dell’attenzione. E odia Diana, la odia perché l’ha messa di fronte alla sua pochezza, al suo sentirsi sempre inadeguata, al suo fare casini per sentirsi viva.Diana, invece, non fa mai casini. Diana è sempre lì, con quel sorriso allegro che tanto le dà i nervi, che segue la strada che si è prefissata senza deviazioni, senza intoppi. Tutto le risulta facile, brilla in tutto.»
Insomma un libro decisamente più contorto e denso di quanto
possa sembrare in apparenza, un libro a cui si possono approcciare tutti coloro
che si dilettano nella scelta di letture introspettive, che fanno riflettere e
ti permettono di immedesimarti maggiormente nella vita dei protagonisti grazie
all’espediente narrativo dei flashback.
Pertanto auguro buona lettura a chiunque voglia leggere “Il
peso delle parole” e, qualsiasi vostra impressione, pensiero o parola che
vogliate lasciare sotto al post, sarà ben gradita.
Nessun commento