[RECENSIONE] LA CITTA' DEI VIVI - NICOLA LAGIOIA - GIULIO EINAUDI EDITORE



Buongiorno Sognalettori,
con questa mia primissima recensione mi presento: sono Carmen e da oggi inizierò a raccontarvi anch'io cosa ne penso dei libri che leggo. Che emozione!

Mi chiamo Carmen Marciante e da due anni abito in provincia di Bologna.
Sono nata con la camicia, così esclamò il medico porgendomi tra le braccia di mia madre. Era marzo ed ero a Milano in un giorno di neve. L'inverno, la neve, la nebbia non mi hanno mai rattristata, perché io il sole ce l'ho dentro.
Leggo da quando ho imparato a farlo e non ho mai abbandonato i libri. Però, come spesso accade anche con gli amici di lunga data, io coi libri ci ho anche litigato.
C'è stato un periodo in cui non ho letto per circa 2 anni, quello è stato il momento più vuoto della mia vita.
Non mi vergogno a dire che i libri mi salvano ogni giorno dalla mediocrità, dalla noia e non mi fanno mai sentire sola.
Cosa leggo? Sono onnivora, anche se non rientrano nel mio genere: i fantasy, i romance (a meno che non siano ironici) e gli young adult (perché ho passato l'età).
Amo scrivere, infatti ho pubblicato un libro nel 2011 intitolato COINCIDENZA, amo la semplicità, l'ironia, l'amore e la VITA tutta .

Il libro che ho scelto oggi è "La città dei vivi" di Nicola Lagioia, pubblicato da Giulio Einaudi Editori.

Nicola Lagioia è nato a Bari nel 1973.
Con minimum fax ha pubblicato Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (2001), e con Einaudi Occidente per principianti (Supercoralli 2004), Riportando tutto a casa (ultima edizione ET Scrittori 2017; Premio Viareggio-Rèpaci, Premio Vittorini, Premio Volponi), La ferocia (Supercoralli 2014, Super ET 2016; Premio Strega 2015) e La città dei vivi (Supercoralli 2020).
www.minimaetmoralia.it

IL ROMANZO


Titolo: La città dei vivi
Autore: Nicola Lagioia
Data di uscita: 20 Ottobre 2020
Genere: Narrativa italiana contemporanea
Pagine: 472


Nel marzo 2016, in un anonimo appartamento della periferia romana, due ragazzi di buona famiglia di nome Manuel Foffo e Marco Prato seviziano per ore un ragazzo più giovane, Luca Varani, portandolo a una morte lenta e terribile. È un gesto inspiegabile, inimmaginabile anche per loro pochi giorni prima. La notizia calamita immediatamente l’attenzione, sconvolgendo nel profondo l’opinione pubblica. È la natura del delitto a sollevare le domande più inquietanti. È un caso di violenza gratuita? Gli assassini sono dei depravati? Dei cocainomani? Dei disperati? Erano davvero consapevoli di ciò che stavano facendo? Qualcuno inizia a descrivere l’omicidio come un caso di possessione. Quel che è certo è che questo gesto enorme, insensato, segna oltre i colpevoli l’intero mondo che li circonda.
Nicola Lagioia segue questa storia sin dall’inizio: intervista i protagonisti della vicenda, raccoglie documenti e testimonianze, incontra i genitori di Luca Varani, intrattiene un carteggio con uno dei due colpevoli. Mettersi sulle tracce del delitto significa anche affrontare una discesa nella notte di Roma, una città invivibile eppure traboccante di vita, presa d’assalto da topi e animali selvatici, stravolta dalla corruzione, dalle droghe, ma al tempo stesso capace di far sentire libero chi ci vive come nessun altro posto al mondo. Una città che in quel momento non ha un sindaco, ma ben due papi.
Da questa indagine emerge un tempo fatto di aspettative tradite, confusione sessuale, difficoltà nel diventare adulti, disuguaglianze, vuoti di identità e smarrimento. Procedendo per cerchi concentrici, Nicola Lagioia spalanca le porte delle case, interroga i padri e i figli, cercando il punto di rottura a partire dal quale tutto può succedere.



Se si legge il libro non sapendo che è una storia vera, questo si potrebbe catalogare più che nei romanzi thriller nel genere noir, dove la malvagità e soprattutto la mancanza di ideali, la sregolatezza, gli eccessi di sesso e droga e soprattutto la superficialità di questi giovani ragazzi, sfociano nella barbara e atroce volontà di massacrare un ragazzo loro coetaneo, a suon di pugnalate e martellate.
Complici non solo droga e alcol, ma disagi psichici mai individuati dalle famiglie di questi due giovani assassini della Roma bene.

Il tragico evento ha riempito pagine di giornali e trasmissioni televisive nel marzo di 4 anni fa. Le immagini accostate dei tre giovani romani, carnefici e vittima, erano state davanti agli occhi degli italiani per molto tempo.

Di solito le mie recensioni seguono un mio personale iter, generalmente senza difficoltà parlo della trama, le mie impressioni e le mie motivazioni sul perché ne consiglio o sconsiglio la lettura, sottolineando sempre che si tratta comunque di un parere personale.
Con il romanzo in questione mi sono trovata in difficoltà perché la storia mi ha talmente colpito e stravolta che faccio fatica ad esprimere totalmente i miei sentimenti.
Sono arrabbiata, triste, confusa, impaurita perché si tratta di storie vere, lacrime vere, ferite di genitori a cui è stata distrutta la vita.

Da madre mi chiedo: com'è possibile non cogliere i segnali dei nostri ragazzi?
Perché molti giovani non hanno voglia di semplicità?
Perché distruggono il bene più prezioso che hanno ricevuto, cioè la vita, con sostanze pericolose che gli annullano le volontà, le coscienze e li distruggono nel fisico e nell'anima? Tutto questo mi chiedo e non mi do una risposta.

L'autore è riuscito a raccontare una storia crudele con una maestria e una bravura eccezionale. Non ha mai giudicato, in tutte le sue parole traspariva tristezza e voglia di capire, proprio come se guardasse la storia dall'alto ma con il cuore dentro.

Roma città eterna che tiene in grembo il fascino di un mondo antico e un mostro nascosto con i suoi vizi notturni finché all'alba tutto viene perdonato.



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