[RECENSIONE] FIGLI DI SANGUE E OSSA - TOMI ADEYEMI - RIZZOLI


Buongiorno Sognalettori!
Oggi il blog ha come protagonista un libro che sicuramente catturerà la vostra attenzione sia per il titolo che per la cover molto suggestiva…

“FIGLI DI SANGUE E OSSA" scritto dalla giovanissima Tomi Adeyemi, pubblicato in Italia dalla casa editrice Rizzoli.

Ho pensato di mettervi anche il trailer del libro realizzato dalla casa editrice, che io trovo super! 😉




Ma ora qualche notizia sull'autrice:

Tomi Adeyemi è una giovanissima scrittrice afroamericana di origine nigeriana, laureata in letteratura ad Harvard e appassionata di mitologia nord-africana, a soli 24 anni era già sulle pagine della stampa internazionale per l’originalità e il clamoroso successo del suo primo romanzo.
Un caso editoriale internazionale subito schizzato in testa alle classifiche americane, verrà pubblicato in 27 Paesi e diverrà un film per Fox 2000. ChildrenofBloodandBone.com

Vincitrice del premio Hugo and Nebula, e insegna scrittura creativa. Vive in California, a San Diego. Si è laureata in letteratura ad Harward e ha studiato la mitologia, la religione e la cultura dell’Africa occidentale a Salvador in Brasile. Quando non lavora ai suoi libri o guarda video dei BTS, scrive sul suo blog tomiadeyemi.com




IL ROMANZO


Titolo: Figli di Sangue e Ossa
Autore: Tomi Adeyemi
Data di uscita: 2 Ottobre 2018
Genere: Narrativa contemporanea straniera | Fantasy
Pagine: 560


Un tempo i maji, dalla pelle d’ebano e i capelli candidi, erano una stirpe venerata nelle lussureggianti terre di Orïsha. Ma non appena il loro legame con gli dei si spezzò e la magia scomparve, lo spietato re Saran ne approfittò per trucidarli. Zélie, che non dimentica la notte in cui vide le guardie di palazzo impiccare sua madre a un albero del giardino, ora sente giunto il momento di rivendicare l’eredità degli antenati. Al suo fianco c’è il fratello Tzain, pronto a tutto pur di proteggerla, e quando la loro strada incrocia quella dei figli del re si produce una strana alchimia tra loro. Ha inizio così un viaggio epico per cercare di riconquistare la magia, attraverso una terra stupefacente e pericolosa, dove si aggirano le leopardere delle nevi e dove gli spiriti vendicatori sono in agguato nell’acqua. Un’esperienza umana che non risparmia nessuno, in un turbine di amore e tradimento, violenza e coraggio. Nella speranza di ridare voce a un popolo che era stato messo a tacere.


Non so per quanto tempo io avessi posticipato la lettura di questo libro: lo avevo inserito nella mia wishlist sapendo che, prima o poi, avrei avuto la possibilità di leggerlo. Però, come si dice, a volte i libri arrivano nel momento giusto (quando siamo pronti a poterli affrontare pienamente ed emotivamente) e ti chiamano a gran voce… ed è così che, qualche giorno fa, ho finalmente potuto iniziare una serie che ha fin da subito fatto scalpore ed attirato l’attenzione di innumerevoli lettori in tutto il mondo.
Eh sì, perché “Figli di sangue e ossa” di Tomi Adeyemi, ha immediatamente catturato il consenso di numerosi lettori, tanto da arrivare prestissimo in vetta alla classifica del New York Times, ma è anche il primo rappresentante di una trilogia di Fantasy Young Adult ambientato nell’Africa dell’ovest, con protagonista una ragazza che deve lottare contro la monarchia tiranna e spietata per riportare finalmente la magia al suo popolo.

L’ho scelto per tutto questo e molto altro ancora… solo che poi mi sono dovuta prendere del tempo per digerirlo bene e per poterne parlare in modo adeguato qui sul blog.

Ho scelto questo libro per il titolo incisivo, per la cover d’impatto, per la trama forte e per la giovane autrice afroamericana, che ha voluto fissare – nero su bianco – tutto ciò che comprende le sue origini nigeriane, la sua immensa fantasia e la necessità di far nascere finalmente un’eroina che la rappresentasse.
Sì, perché nelle pagine finali (quelle a fine libro dove l’autrice parla a cuore aperto ai lettori) Tomi Adeyemi ci spiega come abbia realizzato il libro e dei motivi che l’hanno spinta a scriverlo: non c’è solo l’amore per la lettura e la scrittura (che l’hanno accompagnata da sempre), ma anche la necessità impellente di farsi sentire, di dire la sua in un periodo dove, purtroppo, il dolore, la sofferenza, l’afflizione e il cordoglio le riempivano e straziavano il cuore a causa di innumerevoli notizie di uomini, donne, bambini di colore uccisi, inermi, dalla polizia.
Spaventata, arrabbiata ed indifesa, l’autrice ha pensato che scrivere questo libro fosse l’unica cosa in suo potere per agire al riguardo e che, chiunque l’avesse letto e avesse cambiato il proprio modo di vedere le cose, sarebbe stato un piccolo passo certo, ma comunque qualcosa per reagire e per cambiare il mondo attuale, così ingiusto ed intollerante. Siamo tutti esseri umani!!!

E così, in procinto di parlarvi in anteprima del secondo libro che uscirà la settimana prossima, oggi ho deciso che finalmente dovesse andare online il mio pensiero su “Figli di sangue e ossa”.
Ho scelto il periodo giusto, direte voi, spinta dall’ondata di manifestazioni che si stanno svolgendo proprio in questi giorni non solo negli Stati Uniti, ma anche in molte altre nazioni del mondo (anche in Italia!) per ricordare a tutti che le Vite delle Persone di colore sono importanti
…In realtà penso che ogni momento sia buono per parlare di diritti umani, e anche i libri possono essere strumento positivo di un messaggio importante, proprio per questo ho sentito che era giunto il momento di farlo.

Non so se sia mai capitato anche a voi di leggere un libro che vi arriva dritto al cuore, potente come un’esplosione, e per questo poi, una volta finito, sentiate l’esigenza di lasciar passare un po’ di tempo prima di parlarne e prima di iniziare la lettura di un altro libro… Beh, questo è ciò che è successo a me.
Ho dovuto far sedimentare dentro di me la giusta consapevolezza che ciò che avrei scritto sarebbe stato adeguatamente forte e provocatorio come è giusto che sia, pur sempre in modo pacifico, ma a gran voce.
Ed è quindi per tutto questo che, per sta volta, ho deciso di parlarvi del libro non partendo dalla trama e dai personaggi come faccio di solito, ma contestualizzandolo maggiormente in modo tale che non solo voi Sognalettori siate in grado di capire meglio il mio punto di vista, ma anche e soprattutto per dare la giusta rilevanza all’autrice e all’idea importante che ha voluto portare avanti col suo libro – seppur di fantasia – che parla anche di vita vera, di sentimenti, di dolore, di ingiustizie e di voglia di riscattarsi e di farsi valere: perché tutte le vite solo ugualmente importanti, ed è giusto che tutti, ma proprio tutti lo capiscano!

La protagonista del libro è Zélie Adebola, una ragazza di 17 anni dalla carnagione molto scura, labbra carnose, zigomi alti, occhi argentei leggermente a mandorla e, soprattutto, una folta chioma di lunghi e lisci capelli bianchi come la neve. Se già il colore dei suoi occhi è alquanto particolare, sono proprio i suoi capelli a classificarla maggiormente: è un’indovina!
Nella sua terra d’origine, Orïsha, una volta una gran parte della popolazione aveva queste caratteristiche fisiche, accompagnate da poteri magici, e queste persone venivano chiamate Maji.
Undici anni prima però (quando Zélie era solo una bambina), durante un sanguinolento Raid, lo spietato re Saran uccise moltissimi maji e altrettanti li ridusse in schiavitù con l’ausilio di catene fatte di majacite nera, una lega particolare in grado di soffocare i poteri magici ed inibire gli indovini… tuttavia da quel momento anche la Magia sparì, lasciandosi alle spalle una scia di piccoli orfani privi di poteri, ma pieni di rabbia e di dolore.



Mi accorgo solo ora che la guardia non ha una spada normale. La sua lama nera, di un metallo più prezioso dell’oro, scintilla nel fodero.
Majacite…
Una lega creata dal re Saran prima del Raid. Fatta per indebolire la nostra magia e per bruciarci la carne.
Esattamente come la catena nera stretta al collo di Mama.
Un maji forte riuscirebbe ad opporsi ai suoi effetti, ma quel metallo raro ci debilita quasi tutte. Per quanto io non abbia arti magiche da soffocare, quando la guardia mi si para davanti la pelle inizia a pizzicarmi, al sentire la vicinanza dell’arma di majacite.

La nostra protagonista è rimasta orfana di madre durante il Raid, però ha avuto la fortuna di avere un fratello maggiore ( Tzain ) e il padre ( Baba ) che si sono presi cura di lei, facendo di tutto pur di farla crescere al meglio in una società che la vede “diversa”.
  

Una ragazza kosidán sorride quando lui le sfreccia accanto, nella speranza che uno slancio di civetteria lo fermi. Persino ora gli abitanti del villaggio sono attratti da Tzain come calamite. Io non ho bisogno di farmi largo tra la gente: basta uno sguardo ai miei capelli bianchi per far sì che le persone mi evitino come la peste.


Forte e bello com’è, il kosidán Tzain non capisce perché io abbia bisogno dell’addestramento di Mama Agba. I ragazzi di Ilorin cercano di essere suoi amici, le ragazze cercano di rubargli il cuore. Persino le guardie gli fanno ala, lodandolo per quant’è bravo a giocare ad agbön.
Non mi capisce, non sa com’è vivere nella pelle di un’indovina. Trasalire ogni volta che appare una guardia, non sapere mai come si concluderà uno scontro.

Tzain e Baba le vogliono un bene infinito, però non possono capire appieno quello che la piccola Zélie ha dovuto subire crescendo: padre e figlio infatti sono kosidán, ovvero non hanno mai avuto poteri magici né i distintivi capelli bianchi, e per questo non hanno mai subito dimostrazioni di razzismo… come invece subiscono tutte le “larve”.
Così vengono chiamati in modo dispregiativo tutti gli indovini che non possiedono più i loro poteri magici, ma non per questo non smettono di essere maltrattati e visti di cattivo occhio da tutti i kosidán che li disprezzano, li temono e li puniscono ingiustamente in continuazione.
  


«Non è una tassa sulle attività commerciali.» Lo sguardo dell’altra guardia corre sulle indovine dai lunghi capelli bianchi.
«Il prezzo delle larve è salito. Dato che ne hai tante, anche la tassa è cresciuta.»
Certo. Stringo la tela del manichino con tanta forza che mi fanno male i pugni. Al re non basta soggiogare gli indovini. Deve spezzare chiunque cerchi di aiutarci.
Serro la mascella cercando di non pensare alla guardia, di non pensare a quanto sia offensiva la parola “larva” in bocca a lui. Il fatto che non saremo mai i maji che saremmo dovuti essere non fa alcuna differenza. Ai loro occhi, restiamo delle larve.
E così ci vedranno sempre.

Dopo il Raid, la famiglia Adebola si è trasferita lontano, arrivando a Ilorin, un piccolo villaggio sull’oceano, dove da diec’anni sopravvivono a fatica grazie alla pesca. Inoltre già da qualche anno Zélie trascorre molto tempo nell’ahéré di Mama Agba dove fingono di cucire i dashiki con tessuti tribali dalle tinte vivaci, ma in realtà si allenano per imparare a difendersi col bastone. E sebbene lo facciano di nascosto rischiando grosso, ci mettono tutto l’impegno possibile.


«I vostri avversari sono armati di spade. Perché, allora, io vi addestro nell’arte del bastone?»
Le nostre voci ripetono il mantra che Mama Agba ci ha fatto ripetere più e più volte. «Invalida più che ferire, ferisce più che mutilare, mutila più che uccidere: il bastone non distrugge.»
«Vi insegno ad essere guerriere in giardino perché non siate mai giardiniere in guerra. Vi do la forza della moderazione.» Mama gira la testa verso di me, tenendo le spalle immobili. «Devi proteggere coloro che non possono difendersi. È la filosofia del bastone.»

Un giorno però, dopo un’improvvisa impennata delle ingiuste tasse sulla già povera popolazione di Ilorin, Zélie cerca di raccimolare un bel gruzzolo andando a vendere un pesce pregiato al mercato di Lagos accompagnata dal fratello e dalla loro dolce, forte, ed inseparabile leonera Nailah, ma quel che non sa è quanto la sua vita verrà stravolta grazie all’incontro improvviso con una giovane ragazza dalla pelle ramata e dagli occhi color ambra, sua coetanea, di nome Amari.
All’improvviso la vita di Zélie e di Tzain cambierà totalmente, ma anche quella di Amari… e di suo fratello Inan!

Non vi voglio svelare troppo perché penso sia giusto che ogni lettore possa assaporare pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo, la forza, l’imprevedibilità, la potenza e la cruenta realtà che Tomi Adeyemi ha abilmente descritto nella trama di questo libro. Una realtà tanto avventurosa quanto crudele, ingiusta e difficile, rendendo “Figli di sangue e ossa” così avvincente, tosto e d’impatto tanto per i personaggi quanto per i lettori.

È esattamente questo che ho provato leggendo questo primo libro della trilogia: un forte pugno nello stomaco.

Ho sofferto, lottato, sperato, pianto con Zélie, e vi assicuro che per quanto la protagonista sia una diciassettenne (caratteristica che rende il libro uno Young Adult) e per quanto ci sia la magia (che lo rende un Fantasy), l’impatto emotivo è devastante!
Mi sono ritrovata a divorare i capitoli, ad assaporare ogni parte della storia con ansia, con tristezza, con dolore, con rabbia contro le ingiustizie descritte, e nonostante il numero corposo di pagine e l’impatto emotivo non facile, non potevo smettere di leggerlo… ed è quello che spero farete anche voi, procurandovi “Figli di sangue e ossa”.

Respirerete, assaporerete, vivrete le avventure di Zélie immersi in un territorio ricco di tradizioni, di sapori, di panorami che fanno parte della terra d’origine della famiglia dell’autrice, la Nigeria, e potrete apprendere anche numerosi vocaboli come gélé, ahéré, dashiki, jollof rice ecc, ma anche assaggerete un po’ di yoruba… ma non vi anticipo dove. 😜

Pertanto non posso che consigliarvi spassionatamente la lettura di questo libro, che si è preso con la forza e i denti un pezzo del mio cuore.





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